Scusa ma perché corri?

Non sono mai stata una sportivona, il mio fisico demmerda me lo ha sempre impedito. Sono una di quelle che possono passare ore in palestra e non vedranno mai, MAI, spuntare un muscolo sul proprio corpo. Ho poco fiato, pochissimo. E ho pure la vista rincoglionita (ci vedo benissimo ma se un oggetto è in movimento non riesco a seguirlo bene, il che mi ha sempre impedito di fare qualsiasi sport che preveda una palla).

Insomma faccio schifo, il mio corpo fa schifo. Magrino e apatico, me lo sono trascinato dietro a fatica per più di 30 anni, sopportandone la debolezza e l'incapacità di muoversi senza provocarmi una qualche sofferenza.

Odio il mio corpo, l'ho sempre odiato. Non mi rappresenta, non mi segue, non riesce a stare al mio passo.

Ho provato tante volte a combatterlo: ho fatto danza del ventre per anni, ho passato ore in palestra, ho fatto tutti i tipi di corsi possibili immaginabili (ricordate le mie terrificanti lezioni di Zumba?). Quando ho dovuto affrontare insieme al mio corpo una gravidanza ho pensato seriamente di non farcela.


Correre poi... la corsa è sempre stato il mio incubo. Quei pochi minuti di riscaldamento che mi facevano fare a scuola a educazione fisica, quei 15 minuti di tapis rulant che ogni istruttore ti impone quando fai sala pesi, ma anche solo quelle corsette per raggiungere l'autobus o non perdere il treno per me sono sempre state La Morte. Due minuti di corsa mi lasciavano il sapore del sangue in bocca, un preoccupante TUM TUM TUM nelle orecchie e un fiatone da maniaco in calore.

Ed è per questo che ho deciso di... correre. Perché è la cosa che mi riesce peggio nella vita. Perché è un mio limite, perché mi ha sempre fatto paura. E le cose di cui avere davvero paura sono altre. I limiti, gli ostacoli insuperabili che la vita ti potrebbe imporre sono altri. Ho la fortuna di essere nata sana, senza patologie o handicap. E per il momento ho la fortuna di essere ancora sana, il che, ho scoperto ultimamente, non è affatto scontato. Ho due gambe dotate di muscoli - almeno credo - che, se vogliono, possono correre.

Tecnicamente io posso correre. E voglio provare a farlo.

È questo che mi sono detta una sera a caso di circa due settimane fa. Mi sono alzata dalla scrivania, ho preso una giacca leggera, e così com'ero sono uscita salutando Marito e Gnoma con un rapido "Esco un attimo, torno tra 10 minuti". E così è stato, perché in effetti sono rientrata 10 minuti dopo. Avevo il fiatone, sentivo il sapore del sangue in bocca, avevo quel TUM TUM TUM nelle orecchie e un dolore intercostale lancinante.

Il mio corpo era incazzato nero con me, e io ho lasciato che si scazzasse. Poi, il giorno dopo, l'ho costretto a rifarlo. E poi ancora, e ancora.

Oggi sono due settimane che corro. Sono passata da quei primi 500 metri di agonia ai miei primi 4 chilometri. Il sapore del sangue e il TUM TUM se ne sono andati. Il fiatone e il dolore alle costole no, ma ho imparato a conviverci. E l'altra sera, dopo 30 minuti di agonia, ho sentito per un attimo, ma solo per un attimo, che il mio corpo si stava arrendendo: mentre la musica nell'iPod mi dava la carica, la mie gambe sembravano andare da sole.

È durata pochissimo, due minuti dopo sono stramazzata. Ma quella sera un tizio che portava a pisciare il cane prima di cena, una volta rientrato in casa deve aver raccontato alla moglie di aver visto una tizia con il volto stravolto e due gambette rachitiche che correva e piangeva, con un sorriso idiota stampato sulla faccia.