E poi ci sono giorni che cominciano così: con la gnoma che mi sommerge di baci all'entrata dell'asilo, stringendomi e dicendomi "Ti voglio tanto bene, mamma, tanto tanto bene", chiedendomi un bacio e regalandomene altri mille, mentre le maestre cercano di convincerla a raggiungerle per fare un puzzle di Minnie. Giorni in cui riesco a convincerla a staccarsi, mi allontano con il cuore in gola e poi la sento distintamente scoppiare in un pianto disperato, e gridare "Voglio la mia mamma, dov'è la mia mamma?".
Giorni in cui tornando a casa per mettermi al computer per svolgere un lavoro che non amo più e che non mi dà nessuna prospettiva (e con il quale a stento arrivo a fine mese), mi ritrovo a pensare che vi odio.
Odio voi che avete la casa pagata, perché era di nonna o perché mamma e papà ve l'hanno comprata quando siete usciti di casa. Odio voi che non sapete cosa sia un mutuo al 100%. Odio voi che avete provato le gioie della maternità. E sì, intendo quella lavorativa. Voi che non avete dovuto lavorare fino a due ore prima di partorire e che non avete ripreso una settimana dopo, per paura di non trovare più un lavoro al vostro rientro e comunque per riuscire a pagare mutuo e bollette (che qui se non si lavora non arriva mica lo stipendio fisso). Voi che non avete lavorato per mesi con un bambino attaccato alla tetta o con un piede che cullava una sdraietta mentre cercavate di concentrarvi su un cazzo di articolo da pochi centesimi. Voi che avete passato mesi, se non anni, a vivere ogni istante dei vostri bambini, a farvi un giro con il passeggino alle 11 del mattino di un martedì qualsiasi. Voi che non dovete trascinare via dal parchetto i vostri figli piangenti perché un datore di lavoro prende alla lettera il concetto di "freelance" chiedendovi lavori urgenti in orari improbabili. Voi che non dovete trasformarmi in strozzini a fine mese. Voi che potete permettervi di scegliere se fare o meno le casalinghe. Voi che avete le ferie, e magari la malattia. Che per me "malattia" è quando lavoro con il catino per vomitare accanto alla scrivania. Voi che trovate il tempo e la voglia per fare la pasta di sale fatta in casa anziché comprare il didò. Voi che non avete visto partire metà del vostro stipendio per un nido. Voi che a luglio non dovete sborsare cifre improbabili per un centro estivo, e che in questo momento state preparando i panini per passare la giornata in piscina con i vostri figli. Voi.
Che poi non è vero che vi odio. È chiaro che vi invidio.
È chiaro che se mi avessero regalato una casa non avrei declinato gentilmente l'offerta. È chiaro che se mio marito avesse preso uno stipendio decente avrei valutato di mettere a rischio la mia carriera pur di prendermi una pausa dopo la nascita di Emma. È chiaro che nessuno mi ha obbligato a comprarmi un trilocale: potevamo anche stringerci in un bilocale in affitto. È chiaro che avrei potuto scegliere un percorso di studi e un campo lavorativo diverso, uno in cui fossero contemplate le assunzioni, magari.
È chiaro che nei vostri panni avrei fatto le stesse identiche scelte, molto probabilmente. È chiaro che anche il mio lavoro ha i suoi aspetti positivi.
Però oggi, per favore, lasciatevi odiare un po'. Solo un pochino. Poi mi passa, giuro. Tanto lo sapete che vi voglio bene (a parte quando mi chiedete perché non faccio un altro bambino).
Giorni in cui tornando a casa per mettermi al computer per svolgere un lavoro che non amo più e che non mi dà nessuna prospettiva (e con il quale a stento arrivo a fine mese), mi ritrovo a pensare che vi odio.
Odio voi che avete la casa pagata, perché era di nonna o perché mamma e papà ve l'hanno comprata quando siete usciti di casa. Odio voi che non sapete cosa sia un mutuo al 100%. Odio voi che avete provato le gioie della maternità. E sì, intendo quella lavorativa. Voi che non avete dovuto lavorare fino a due ore prima di partorire e che non avete ripreso una settimana dopo, per paura di non trovare più un lavoro al vostro rientro e comunque per riuscire a pagare mutuo e bollette (che qui se non si lavora non arriva mica lo stipendio fisso). Voi che non avete lavorato per mesi con un bambino attaccato alla tetta o con un piede che cullava una sdraietta mentre cercavate di concentrarvi su un cazzo di articolo da pochi centesimi. Voi che avete passato mesi, se non anni, a vivere ogni istante dei vostri bambini, a farvi un giro con il passeggino alle 11 del mattino di un martedì qualsiasi. Voi che non dovete trascinare via dal parchetto i vostri figli piangenti perché un datore di lavoro prende alla lettera il concetto di "freelance" chiedendovi lavori urgenti in orari improbabili. Voi che non dovete trasformarmi in strozzini a fine mese. Voi che potete permettervi di scegliere se fare o meno le casalinghe. Voi che avete le ferie, e magari la malattia. Che per me "malattia" è quando lavoro con il catino per vomitare accanto alla scrivania. Voi che trovate il tempo e la voglia per fare la pasta di sale fatta in casa anziché comprare il didò. Voi che non avete visto partire metà del vostro stipendio per un nido. Voi che a luglio non dovete sborsare cifre improbabili per un centro estivo, e che in questo momento state preparando i panini per passare la giornata in piscina con i vostri figli. Voi.
Che poi non è vero che vi odio. È chiaro che vi invidio.
È chiaro che se mi avessero regalato una casa non avrei declinato gentilmente l'offerta. È chiaro che se mio marito avesse preso uno stipendio decente avrei valutato di mettere a rischio la mia carriera pur di prendermi una pausa dopo la nascita di Emma. È chiaro che nessuno mi ha obbligato a comprarmi un trilocale: potevamo anche stringerci in un bilocale in affitto. È chiaro che avrei potuto scegliere un percorso di studi e un campo lavorativo diverso, uno in cui fossero contemplate le assunzioni, magari.
È chiaro che nei vostri panni avrei fatto le stesse identiche scelte, molto probabilmente. È chiaro che anche il mio lavoro ha i suoi aspetti positivi.
Però oggi, per favore, lasciatevi odiare un po'. Solo un pochino. Poi mi passa, giuro. Tanto lo sapete che vi voglio bene (a parte quando mi chiedete perché non faccio un altro bambino).
:-( pensa che io invidio te per la libertà. A volte è tutto relativo.
RispondiEliminaAssolutamente. Solo che la libertà del freelance non è davvero libertà. La libertà ce l'hanno i nostri datori di lavoro. Quando sei assunto e lavori in un ufficio, alle 18 esci, chiudi tutto e torni a casa. E fino al mattino dopo torni alla tua vita. Quando sei un freelance ti possono chiamare alle 21.30 mentre mangi per chiederti una rassegna stampa urgente per il mattino successivo. E tu molli la cena a metà e torni al lavoro :-(
EliminaPoi ci sono i periodi in cui c'è meno lavoro, e un freelance gode appunto della suddetta libertà. Che però si traduce in un altro svantaggio: meno lavoro uguale meno soldi. Quindi è vero, alle 16 magari sei al parchetto con tuo figlio, ma passi il tempo a spingerlo sull'altalena e a chiederti come diavolo farai a pagare 900 euro di INPS entro 15 giorni.
Ripeto, però: è un campo che ho scelto più o meno consapevolmente. Quindi mi assumo tutte le mie responsabilità ;-)
Cara Simo capisco perfettamente il tuo senso di frustrazione (che poi...qualche volta....non è vero odio????)
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