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mercoledì 16 aprile 2014

Di balli Country, stivali in pelle e tragedie sfiorate

Cosa fanno Simona e Marito in gran segreto qualche sera a settimana, sudati e affannati, mentre la Gnoma dorme? Ovvio. Provano balli Country
Già perché noi, da settembre, frequentiamo un corso di Country o line dance che dir si voglia. Tutto è cominciato la scorsa primavera, quando l'attivissima pro loco del nostro paesino ha organizzato una festa a tema country nel parcheggio del supermercato (vabbè, mica abbiamo la piazza qui) e Marito è rimasto incantato da un signore di mezza età che ballava in pista con una birra in una mano e un panino con la salamella nell'altra.

"Ma allora posso farlo anch'io!" ha esclamato, l'ingenuo. E considerando che saranno anni che tento di convincerlo a fare una qualsiasi forma di ballo insieme, ho preso la palla al balzo e ho cominciato a cercare corsi di line dance in zona. Guarda caso, poco dopo ho scoperto che ne organizzavano uno a 150 metri da casa.

Abbiamo cominciato a frequentare il corso tutti i mercoledì, piazzando la Gnoma per un'oretta dai nonni e, ogni tanto, anche per tutta la notte. Si sa, dopo aver ballato country non c'è niente di meglio che... un bel cinema (aò ma voi state sempre a pensare a quello?).

Il mercoledì è diventato il Nostro Giorno, insomma. 


Una volta, dopo un paio di mesetti di corso, abbiamo anche provato a fare una "serata". Insieme ad alcuni compagni di corso, ci siamo infilati in un locale a qualche chilometro da casa. Una volta dentro, siamo stati scaraventati in un film western con i controcazzi. Aperta la porta in stile saloon con tanto di cigolio sinistro, decine di omoni vestiti da cowboy si sono voltati verso di noi, fissandoci con un misto di diffidenza e aggressività. Si è poi scoperto che i suddetti omoni erano brava gente, che la diffidenza era curiosità (in fondo eravamo sconosciuti che non rispettavano nemmeno troppo bene il dress code) e che l'aggressività se l'erano inventate le nostri menti intimorite. Nonostante tutto, però, io e Marito eravamo abbastanza spavaldi: in fondo a lezione avevamo imparato 5 o 6 balli facili facili e la line dance ci sembrava una simpatica cagata pre-cinema. 

Nel giro di 4 minuti e 25 secondi ci siamo dovuti ricredere. Una volta in pista, il panico. Quei pochi balli che conoscevamo si sono persi nei meandri delle nostre menti come lacrime nella pioggia. E dopo che una gentile signora ci ha fatto notare che se non sapevamo ballare era meglio rimanere a bordo pista, l'umiliazione è stata totale. Mesti mesti, io e Marito ci siamo limitati a guardare, e abbiamo scoperto che la line dance è roba da duri, altro che cagata pre-cinema.

Ci sono voluti mesi per superare l'ondata di vergogna, ma a un certo punto ne siamo venuti fuori. Un giorno ci siamo detti "basta" e abbiamo cominciato a fare una cosa che non avevamo mai fatto: allenarci. 

La scorsa settimana, la prova del nove. Abbiamo varcato di nuovo quella soglia cigolante, ci siamo vestiti in modo più adeguato, ci siamo piazzati in pista e abbiamo ballato quasi una ventina di coreografie, ripetendo mentalmente i passi come se non ci fosse un domani. Ero talmente concentrata che devo aver consumato più calorie col pensiero che non saltellando in pista, ma alla fine ce l'ho fatta. Goduria.

E così ho deciso di fare il Grande Passo. Mi sono comprata gli stivali, quelli da cowgirl, in pelle, senza cerniere, col tacco tagliato, la punta allungata e le decorazioni sul polpaccio. Costavano un botto ma io li ho trovati su eBay a 1/4 del prezzo. Ok, erano di una taglia in meno, ma ero pronta a tagliarmi l'alluce se fosse stato necessario. 

Gli stivali sono arrivati oggi e dopo vari tentativi sono riuscita a infilarmeli. Poi, dopo aver provato la meravigliosa sensazione che ti danno un paio di stivali nuovi in pelle (avevo come l'impressione che gli stivali fossero dotati di speroni, ma rivolti verso l'interno e puntati contro il mio malleolo) ho deciso di togliermeli. E se pensavo che ballare la line dance fosse difficile, non sapevo che la prova più grande che un vero cowboy deve affrontare è... togliersi gli stivali. Ci ho messo una ventina di minuti. Ho pianto dal dolore e ho riso. Sì, ho riso, perché mentre sentivo la mia caviglia che scricchiolava minacciosamente, mi sono immaginata una Simona dolorante che si presenta al Pronto Soccorso con entrambe le caviglie rotte e un paio di stivali praticamente cuciti addosso. E mi sono anche immaginata la seguente conversazione con il personale medico:

DOTTORE: Signora qui bisogna tagliare...
IO: Dovete amputarmi le gambe? Addirittura?! 
DOTTORE: Ma no signora, intendevo gli stivali.
IO: Sta scherzando vero? Lo sa a quanto li ho trovati su eBay? Amputatemi subito le gambe ma salvate gli stivali che li rivendo e ci pago metà mutuo!
DOTTORE: Senta, sa che facciamo? Le caviglie sono rotte ma le fratture sono composte. E mai, e dico mai, la medicina potrebbe ideare gesso o tutore più resistente e stabile di questi cosi. Tenga addosso gli stivali: tra 30 giorni le sue caviglie saranno a posto.

Per fortuna non è andata così. Un paio di lacrimucce e l'estrazione è andata a buon fine. 

Ma non è finita qui. Oh no. Perché l'idea di rinunciare a quell'affare fatto su eBay non mi ha nemmeno sfiorato. Quegli stivali DOVEVANO andarmi bene. E così ho cercato qualcosa da infilarci dentro per allargarli quel tanto che basta a non rischiare ossa rotte. Tipo un vasetto in ceramica con dentro una candela (spenta). Dieci minuti dopo ecco che un'altra conversazione non troppo improbabile mi attraversava la mente:

IO: Ehm... salve, potrebbe aiutarmi?
CALZOLAIO: Certo signora, di cosa ha bisogno?
IO: Ho un problema con questo stivale.
CALZOLAIO: Dica.
IO: Beh mi dovrebbe aiutare a.... come dire..... no non ce la faccio mi vergogno troppo!
CALZOLAIO: Dica signora, che cosa posso fare per lei?
IO: Ok ma per favore, mi aiuti e non faccia domande ok?
CALZOLAIO: Ok.....
IO: Ecco dovrebbe estrarmi una cosa che è rimasta incastrata nello stivale.
CALZOLAIO: Che cosa?
IO: Un vasetto in ceramica.
CALZOLAIO: E cosa diavolo ci fa un vasetto in ceramica in uno st...



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