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venerdì 12 settembre 2014

Spannolinamento: parte seconda

Quando a giugno ho realizzato che quest'anno la gnoma avrebbe cominciato la materna, dopo un primo momento di somma goduria (l'asilo costa la metà del nido) mi sono resa conto che entro settembre avrei dovuto "spannolinare" la gnoma.

E così è cominciata la prima fase dello spannolinamento, quella in cui si presenta al pargolo un misterioso oggetto sconosciuto che non vede l'ora di accogliere i suoi scarti fisiologici e si comincia a valutare seriamente di far plastificare il divano.

Ho cominciato privando la gnoma del suo pannolino (da lei definito "pattone") per una mezzoretta al giorno e facendole passare quasi tutto quel tempo seduta sul vasino, magari davanti a una maratona di Peppa Pig o a qualche lettura. La prima volta che, per puro caso, Emma ha fatto la pipì nel vasino ho gioito. La prima volta che l'ha fatta per terra ho pulito. La prima volta che ho raccolto da terra ben altro ho quasi vomitato.

La cosa è andata un po' per le lunghe e non per colpa della gnoma, che a parte qualche errore di percorso ha subito capito e apprezzato la novità, ma per colpa mia e del mio terrore di raccogliere feci davanti alla cassa di un supermercato, a cena dalla suocera o nel salotto di un'amica. Il pannolino era quindi d'obbligo durante la nanna, in auto, a casa dei nonni, al parchetto, al nido, in piscina, al centro commerciale e ogni volta che si varcava la porta di casa. In pratica sempre.

Insomma come mio solito mi sono ridotta all'ultimo. I primi di settembre, complice una telefonata in cui l'asilo mi comunicava che l'inserimento sarebbe avvenuto con una settimana d'anticipo, ho cominciato una terapia d'urto: una full immersion. La Gnoma ha accettato la cosa di buon grado e io ho imparato a fidarmi di lei.

Un bel giorno, poi, ho scoperto che non basta svuotare il vasino a testa in giù nel water per far sparire come per magia la pupù e che il più delle volte è necessario accompagnare il tutto... manualmente. E ho deciso che no, non sono fatta per accompagnare manualmente feci di alcun tipo - nemmeno quelle "sante" dei bambini. Mi sono liberata del vasino e sono passata al riduttore.

Ne ho scelto uno che si trasforma anche in vasino da viaggio nel quale si inseriscono pratici sacchettini che evitano ogni genere di contatto con ciò che esce dal pargolo. Emma lo chiama "il vasino con le ali" e l'ha preso talmente in simpatia che ora mi fa le finte. "Mamma mamma mamma pipì pipììììì!" urla saltellando sul posto. Io la porto a razzo in bagno, la piazzo sul riduttore alato e aspetto. E aspetto. E aspetto ancora. E lei se ne sta lì a chiacchierare, a chiedermi di leggerle un libro o a canticchiare. Quando si stufa mi dice "ho pinito!" e se ne va, senza aver fatto niente.

Insomma per colpa del riduttore alato io so esattamente quante piastrelle ho nel bagno e sto seriamente pensando di spostare lì la mia postazione di lavoro. Ma va bene così, perché ora posso finalmente ammettere che cambiare pannolini era disgustoso.

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