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lunedì 16 aprile 2012

Contatto pelle a pelle: ora sì!

Quando frequentavo i corsi pre-parto sentivo continuamente parlare dell'importanza del "contatto pelle a pelle", quel momento che dovrebbe seguire al parto in cui il bambino viene posato sulla pancia della madre, con il cordone ombelicale pulsante ancora integro. In quei preziosi primi minuti insieme, il neonato dovrebbe cercare istintivamente il seno della madre e fare la sua prima poppata.

Ho sognato quel contatto per diversi mesi, convinta che sarebbe stato un momento indimenticabile e fondamentale per stabilire un buon rapporto con la gnoma. In realtà, come alcuni di voi avranno letto nel racconto del mio parto, non è andata esattamente così. Appena la gnoma ha visto la luce, io sono sprofondata nel buio. Non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti, ero dolorante, spaventata e sfinita, e quando la pediatra (o chiunque fosse) mi ha chiesto se volevo tenere in braccio quell'esserino viscido e urlante che teneva tra le mani, ho gentilmente declinato l'invito, trovando molto più allettante il parziale svenimento che mi attendeva.

Mi avevano avvisato che poteva succedere: "Non sentitevi madri degeneri se appena nascerà vostro figlio non vorrete prenderlo in braccio" spiegavano ai corsi. "E non sentitevi madri degeneri se per qualche giorno non sentirete nei suoi confronti l'affetto e l'amore incondizionato che vi aspettate di provare. Il rapporto con vostro figlio va costruito giorno per giorno. E' come l'amore tra un uomo e una donna: a volte è un colpo di fulmine, a volte nasce più tardi". Sarà. Però subito dopo aver rifiutato la gnoma mi sono sentita una merda. Mentre Marito la seguiva al nido per godersi il suo primo bagnetto (cosa che gli invidio da matti) e io mi facevo "risistemare" dalla nazi-ostetrica che mi assisteva, mi chiedevo se quel piccolo rifiuto avrebbe distrutto fin dal principio il legame tra me e l'Essere.

Alla fine della tortura mi hanno sistemato in una specie di corridoio "in osservazione", e Marito mi ha raggiunto con un sorriso a 32 denti e un fagottino di nemmeno 3 kg avvolto in una coperta. Anche in quel momento ho avuto paura. Lei era lì, intravedevo il suo visino, le sue manine che spuntavano dalla coperta. E io ancora non avevo il coraggio di toccarla. Marito insisteva, deve avermi chiesto almeno due o tre volte se la volevo tenere in braccio. Io tentennavo, tremavo. Poi mi sono decisa e me la sono fatta posare vicino. Ed eccolo lì, il colpo di fulmine. Potente, inaspettato, quasi doloroso. Ho stretto a me il fagottino e sono scoppiata in lacrime. Mi ha sentito persino mio padre, al telefono con Marito che gli stava annunciando il lieto evento.

Il contatto pelle a pelle però non c'è stato. Il lettino su cui ero stata piazzata era proprio sotto a una ventola dell'aria condizionata. Si moriva di freddo e la gnoma era nuda: non me la sono sentita di sfilarle la coperta di dosso. Per non parlare del fatto che, come detto sopra, mi trovavo in un corridoio con medici, ostetriche, mariti ansiosi e infermiere che mi passavano di fianco. L'idea di spogliarmi e vivere un momento tanto intimo con mia figlia in mezzo a quel via vai non mi allettava per niente.

Ieri pomeriggio ho quindi deciso di recuperare. Mentre galleggiavo mollemente nella vasca da bagno mi si è accesa la lampadina e ho chiesto a Marito di portarmi la gnoma. Inutile dire che è stato meraviglioso: Emma adora l'acqua e il momento del bagnetto, figurarsi quanto ha gradito il fatto che nella vasca ci fosse anche la sua mamma! L'ho abbracciata stretta e lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si è appoggiata al mio petto e ha chiuso gli occhi. 

Ovviamente come spesso accade alla sottoscritta, la cosa ha poi rischiato di degenerare (se la mia vita non fosse tanto ridicola molti di voi non leggerebbero mai il mio blog... lo so che mi seguite per ridere di me bastardi!). Già perché dopo qualche minuto di amorevole estasi, la gnoma ha iniziato a spingere come una dannata, preparandosi per una cagata epica. Nel frattempo è arrivata Gatta che, vedendomi spuntare dalla vasca, ha pensato bene che fosse il caso di verificare cosa stessi combinando e ha cominciato ad acquattarsi, pronta a spiccare un balzo. 

Mi è bastato un attimo per immaginarmi il seguito: Gatta sarebbe atterrata direttamente in acqua e, se non fosse morta all'istante di infarto, si sarebbe dimenata graffiando me e la gnoma nel tentativo di fuggire, mentre la gnoma avrebbe cagato l'anima per l'emozione. E così io mi sarei trovata a galleggiare in una pozza di merda e sangue a 37°. 

Ho chiamato Marito, gli ho consegnato la Gnoma e ho scacciato Gatta a suon di spruzzi salvando per tempo la situazione. Me la sono vista brutta ma sono riuscita a evitare il peggio. Mi spiace per voi!


4 commenti:

  1. Ok... Simo, sei riuscita a commuovermi, nella prima parte, e a farmi sghignazzare nello stesso tempo!!
    Il gatto attenta alla vita delle femmine di casa, è normale: prima doveva dividere il suo papà solo con una donna, ora ne ha due, per di più una ha un musino più dolce del suo!!
    Buona giornata, sciao sciao
    Sere

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    1. Sere i tuoi colleghi penseranno che sei pazza vedendoti piagnucolare e poi sghignazzare davanti al computer! Comunque vedere Gatta lanciarsi e atterrare in una vasca piena di acqua calda e schiuma al profumo di Rosa sarebbe stato TROPPO divertente, se non ci fossi stata io dentro.

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  2. peccato, sarebbe stato un finale epico per un post bellissimo!

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    1. Lo so. Per fortuna la vita non è un film (anche perché sarei morta già da un po').

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