Sabato mattina io e Marito siamo andati alla nostra prima lezione di preparazione al parto. Che poi in realtà ora si chiama corso di preparazione alla nascita, o qualcosa del genere. Insomma, il classico corso che si vede nei film in cui una decina di grassone inspira ed espira fino a svenire ormai è roba vecchia.
Ora le lezioni sono rivolte anche e soprattutto ai futuri papà e si concentrano più che altro sull'impatto psicologico che ha l'arrivo di un bebè sui futuri genitori. In pratica hanno capito che per quanti esercizi di respirazione si possano fare nei mesi precedenti al parto, alla terza contrazione una donna si scorda tutto e manda gentilmente a fanculo chiunque osi ricordarle di respirare (io l'ho fatto quando ho avuto le coliche renali un paio di mesi fa, immagino cosa potrei dire durante le doglie...).
E così, sabato mattina, io e marito abbiamo puntato la sveglia alle 8.00, ci siamo vestiti, preparati, abbiamo fatto colazione all'Autogrill (evviva la Melizia! Ho deciso che questa deve diventare una tradizione del sabato mattina) e ci siamo recati al San Raffaele di Milano, in un'aula destinata agli universitari dove ci siamo sapientemente piazzati nelle ultime file. Inutile fingere di aver dimenticato: gli anni di scuola rimangono impressi dentro di noi per tutta la vita. La tentazione di sistemarsi nelle ultime file non ci mollerà mai.
Il corso, bisogna ammetterlo, è stato decisamente interessante. Era tenuto da una psicologa che ha cominciato a parlarci della gravidanza e di come questo difficile periodo venga affrontato in maniera differente dalle future mamme e dai futuri papà. Peccato che io non mi sia affatto ritrovata nella descrizione che la dottoressa faceva della donna in dolce attesa, e mi sia rispecchiata tuttalpiù in quella del giovane padre alle prime armi.
Una donna diventa madre subito, appena vede il test di gravidanza positivo, appena sente i primi calcetti?! Ma anche no! Io mi ritrovo più in quello che si dice sul padre: impacciato, impreparato, totalmente inconsapevole di quello che sta per succedergli, il futuro papà pensa con curiosità all'arrivo del proprio figlio ma non riesce ancora a immaginarsi come sarà tenerlo tra le proprie braccia, non ha nessuna idea di come/quanto/perché cambierà la sua vita e quella della coppia, si rende conto della presenza del bebè solo durante le ecografie, non compra accessori e vestitini per il bambino fino al nono mese e si limita a "costruire il nido" per la futura famiglia impegnandosi maggiormente sul lavoro (il che lo fa sembrare, a torto, disinteressato al pargolo e concentrato solo sui propri affari).
In effetti quando non sono bloccata a letto per la sciatica, impegnata a sognare bambine giganti che 5 minuti dopo il parto parlano e camminano, incredula davanti all'inadeguatezza del mio guardaroba (ma sempre decisa a non acquistare abiti pre-maman), immersa nelle acque termali durante un corso in piscina per gestanti, intenta a leggere le domande più stravaganti delle future mamme sui forum, torturata dai calci di Jackie Chan che si allena nella mia pancia o attaccata da siringhe giganti e medici incompetenti, mi capita non di rado di dimenticarmi di essere incinta.
Lo so, è strano ma è così. Il mio corpo distrutto, la mia gnometta e tutti gli esami e la burocrazia a cui devo star dietro per via della gravidanza non sono sufficienti a rendermi consapevole del fatto che dentro di me vive un minuscolo (neanche tanto) essere umano pronto a fare il suo ingresso nel mondo e nella mia vita. Sarò mamma quando stringerò la gnoma tra le mie braccia, o forse quando la allatterò per la prima volta, o forse quando dovrò ripulirla del famigerato meconio. Ora non sono una mamma, sono solo la Simo con 4 kg in più.
Ora le lezioni sono rivolte anche e soprattutto ai futuri papà e si concentrano più che altro sull'impatto psicologico che ha l'arrivo di un bebè sui futuri genitori. In pratica hanno capito che per quanti esercizi di respirazione si possano fare nei mesi precedenti al parto, alla terza contrazione una donna si scorda tutto e manda gentilmente a fanculo chiunque osi ricordarle di respirare (io l'ho fatto quando ho avuto le coliche renali un paio di mesi fa, immagino cosa potrei dire durante le doglie...).
E così, sabato mattina, io e marito abbiamo puntato la sveglia alle 8.00, ci siamo vestiti, preparati, abbiamo fatto colazione all'Autogrill (evviva la Melizia! Ho deciso che questa deve diventare una tradizione del sabato mattina) e ci siamo recati al San Raffaele di Milano, in un'aula destinata agli universitari dove ci siamo sapientemente piazzati nelle ultime file. Inutile fingere di aver dimenticato: gli anni di scuola rimangono impressi dentro di noi per tutta la vita. La tentazione di sistemarsi nelle ultime file non ci mollerà mai.
Il corso, bisogna ammetterlo, è stato decisamente interessante. Era tenuto da una psicologa che ha cominciato a parlarci della gravidanza e di come questo difficile periodo venga affrontato in maniera differente dalle future mamme e dai futuri papà. Peccato che io non mi sia affatto ritrovata nella descrizione che la dottoressa faceva della donna in dolce attesa, e mi sia rispecchiata tuttalpiù in quella del giovane padre alle prime armi.
Una donna diventa madre subito, appena vede il test di gravidanza positivo, appena sente i primi calcetti?! Ma anche no! Io mi ritrovo più in quello che si dice sul padre: impacciato, impreparato, totalmente inconsapevole di quello che sta per succedergli, il futuro papà pensa con curiosità all'arrivo del proprio figlio ma non riesce ancora a immaginarsi come sarà tenerlo tra le proprie braccia, non ha nessuna idea di come/quanto/perché cambierà la sua vita e quella della coppia, si rende conto della presenza del bebè solo durante le ecografie, non compra accessori e vestitini per il bambino fino al nono mese e si limita a "costruire il nido" per la futura famiglia impegnandosi maggiormente sul lavoro (il che lo fa sembrare, a torto, disinteressato al pargolo e concentrato solo sui propri affari).
In effetti quando non sono bloccata a letto per la sciatica, impegnata a sognare bambine giganti che 5 minuti dopo il parto parlano e camminano, incredula davanti all'inadeguatezza del mio guardaroba (ma sempre decisa a non acquistare abiti pre-maman), immersa nelle acque termali durante un corso in piscina per gestanti, intenta a leggere le domande più stravaganti delle future mamme sui forum, torturata dai calci di Jackie Chan che si allena nella mia pancia o attaccata da siringhe giganti e medici incompetenti, mi capita non di rado di dimenticarmi di essere incinta.
Lo so, è strano ma è così. Il mio corpo distrutto, la mia gnometta e tutti gli esami e la burocrazia a cui devo star dietro per via della gravidanza non sono sufficienti a rendermi consapevole del fatto che dentro di me vive un minuscolo (neanche tanto) essere umano pronto a fare il suo ingresso nel mondo e nella mia vita. Sarò mamma quando stringerò la gnoma tra le mie braccia, o forse quando la allatterò per la prima volta, o forse quando dovrò ripulirla del famigerato meconio. Ora non sono una mamma, sono solo la Simo con 4 kg in più.
4 chili????????????????????????
RispondiEliminaIo li ho messi su mentre compravo il test di gravidanza (tragitto casa/farmacia), praticamente alla sola remota idea di essere incinta e, alla conferma , subito altri quattro, tiè.
Dopodiche sono aumentata dei 9 chili regolamentari, nei primi 6 mesi, per recuperarne altri 7 giusto verso la fine.
Avete fatto il conto? Ora che sei grande te lo posso dire: no, non sei stata adottata, come invece hai sempre sostenuto, ma non escluderei lo scambio di culla...
Nonna P.
In 77 giorni faccio in tempo a metterne su altri 10, no problema. Scambio di culla impossibile: le orecchie sono quelle di papà, i capelli sono indiscutibilmente i tuoi. Avrei preferito prendere i tuoi occhi e la voglia di studiare di papà ma niente da fare.
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